Si, il Dibattito si

Uno dei principali meccanismi di salvaguardia di una democrazia liberale in emergenza è l’imposizione di insormontabili limiti temporali alle violazioni dei diritti base dell’individuo. Il libero movimento, la libera attività economica e il diritto alla privacy possono essere, a fronte di acute emergenze, compressi o parzialmente sospesi ma solo per periodi definiti, non come nuova normalità.  Le istituzioni che chiedono questa compressione devono necessariamente far fronte alla loro parte del patto con la società e gli individui, cioè prendere le giuste misure per superare l’emergenza nel minor tempo possibile e con i minori costi possibili. La scelta di Sophie a cui sono chiamate le classi dirigenti dei nostri giorni, quella tra l’applicazione draconiana delle misure di separazione sociale necessarie a fermare il contagio e gli effetti che questa separazione ha sull’economia e, ultimamente, sulla prosperità di individui e società in generale, deve per forza trovare la sua soluzione nella dimensione temporale. Deve avere durata la più certa e breve possibile.

Allo stesso tempo, mentre l’emergenza si svolge sotto i nostri occhi, queste classi dirigenti stesse devono cominciare a pianificare il dopo, che non sarà e non può essere mai uguale al prima.

La discussione sul pensiero e sulle azioni del dopo, che si auspica sia al centro della comunicazione del durante, serve non solo a dare speranza e senso di sicurezza a chi si trova compresso dall’emergenza, ma soprattutto a intavolare collettivamente un confronto su come usare l’emergenza e i suoi insegnamenti per generare una fase di recupero e, perché no, di superamento delle condizioni precedenti. In questo l’unica istituzione che ha fatto la sua parte fino ad ora è l’Unione Europea, che ha già chiarito alcuni punti fondamentali quali la sospensione del patto di stabilità, la volontà di usare mezzi straordinari di intervento e la volontà di usare il suo peso politico per controbilanciare altre istituzioni (vedi la BCE) che hanno ancora titubanze. Si notano per la loro assenza, invece, le istituzioni nazionali italiane e, soprattutto, i media che persi nel porno della conta dei numeri e negli aneddoti di tragedie individuali hanno rinunciato a svolgere il loro ruolo di quarto potere. Nella sfera economica, invece, il dibattito è illuminante sulle dinamiche tra il durante e il dopo.

Jeff Bezos ha, come suo uso, esplicitato il suo pensiero in una lettera agli investitori e ai dipendenti di Amazon; in questa lettera ha chiarificato la strategia del durante: aumento delle assunzioni, aumento delle remunerazioni, priorità all’acquisto e alla distribuzione di presidi di primaria importanza, solidificazione della catena del valore con piccoli produttori e piccoli distributori attraverso credito commerciale e introduzione di ulteriore automazione nei centri logistici. Ha anche dato un primo squarcio del dopo quando, nella lettera, chiarisce che l’aumento delle assunzioni ha carattere temporaneo e che l’aumento dell’automazione ha carattere permanente. McKinsey, nella sua analisi del dopo crisi, pone l’attenzione su come il riavvio delle catene globali della produzione si accompagnerà a un’esplosione di automazione e, probabilmente, a un conseguente accorciamento geografico della catena; i robot non hanno infatti le disparità geografica di costi che i lavoratori hanno, diminuendo il vantaggio della dislocazione i cui rischi invece sono stati esemplificati da questa crisi. L’adozione di tecnologia sostitutiva al lavoro umano sarà accelerata nel post crisi proprio perché la pandemia ha plasticamente dimostrato la fragilità economica del lavoro umano. Le aziende saranno, come si ama dire, più resilienti in quanto più automatizzate.

L’adozione massiccia di tecnologia digitale nel telelavoro e nel consumo, così come la diffusione ubiqua della strumentazione digitale e della connettività che questa pandemia ha ulteriormente accelerato, renderà possibile la riorganizzazione del lavoro e la trasformazione del concetto di dipendenza tra azienda e lavoratore, introducendo anche elementi di attenzione nell’uso della sorveglianza a distanza che necessariamente richiederanno un cambio del sistema giuslavoristico. Il consumo in generale cambierà, non solo per il prolungato uso del commercio digitale, ma soprattutto per il cambio di abitudini che il periodo di distanziamento sociale ha introdotto. Sarà da capire anche l’impatto sociale di rapporti di coppia e di famiglia cambiati da un prolungato e magari definitivo approdo al telelavoro e alla convivenza continua; certamente cambieranno il modello educativo, le dinamiche del mercato immobiliare e turistico. Il tutto, ahimè, in un momento in cui la capacità di acquisto e la solidità delle famiglie sarà stata indebolita dalle conseguenze economiche dell’emergenza CoVid19, rendendo ancora più urgente chiarezza e determinazione nei disegni d’uso delle risorse pubbliche che si mobiliteranno per superare queste stesse conseguenze.

La pandemia ha riportato alla superficie due verità fondamentali; la profonda interdipendenza della società in cui viviamo – interdipendenza tra individui, tra aziende, tra governi e tra sistemi sanitari – e la necessità che esistano forme più o meno efficienti di governo non solo economico di questa interdipendenza, soprattutto di fronte a emergenze globali. L’adozione di tecnologia ha subito una brusca accelerazione, ma essa stessa è neutra, può essere positiva o negativa dipendentemente da come affrontiamo il problema della ricostruzione della solidità economica di aziende e famiglie in questo nuovo scenario. Scenario che impegna anche temi fondamentali di diritto alla libertà di movimento, attività economica e protezione della privacy.

I media hanno oggi il compito fondamentale di costruire un dibattito collettivo sulla direzione del dopo. Un ruolo che va eseguito con con competenza ed esaustività, scegliendo di attivare le voci attendibili e discriminare quelle inattendibili, procedendo a identificare e rendere comprensibili gli snodi che sottendono alla ricostruzione del presente e del futuro. Ricostruire questo dibattito rimane l’unico antidoto possibile a uno scenario in cui la progressiva diffusione delle tecnologie digitali e robotiche conferisca il potere di governo delle interdipendenze a entità al di fuori del controllo collettivo.

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