Guerre Stellari per il Binge Watching

Se nel mondo dell’informazione le piattaforme stanno vivendo ancora giorni da leone, l’intrattenimento sembra aver deciso di cambiare rapidamente la conformazione del territorio, costruendo giganti capaci di produrre e distribuire direttamente al cliente. 

Nel mercato dell’intrattenimento, operatori molto diversi tra loro, che arrivano da percorsi diversi, si stanno muovendo con decisione verso una forma evoluta di presenza sul mercato. Una nuova forma di organizzazione che mette insieme produzione e distribuzione diretta al consumatore, che ibrida la capacità di creare contenuti a quella di disegnare ambienti digitali di distribuzione e consumo.  Le leghe sportive, come la NFL e la NBA, ad esempio, invece di limitarsi a vendere a terzi i propri diritti hanno cominciato a costruire servizi diretti al consumatore che già contano decine di milioni di abbonati. Se oggi queste piattaforme accompagnano la tradizionale cessione a terzi del diritto, si tratta solo di tempo fino a che la complementarità diventerà sostituzione.

I produttori di contenuti, proprietari di brand e serie riconoscibili dal grande pubblico, come HBO o Disney, hanno progressivamente ritirato dalle piattaforme rivali i propri prodotti per distribuirli in prima persona. Le piattaforme digitali, come Netflix o Amazon Prime, accortesi per tempo del rischio di rimanere senza prodotto, hanno cominciato a produrre contenuti direttamente con budget miliardari. In questo mercato rimane difficile distribuire senza produrre; sempre più entrambi i componenti di questa equazione devono essere al massimo livello di qualità per assicurare la migliore user experience a consumatori viziati da una offerta onnipresente e a costo moderato.

Un mercato che vedrà vincitori e vinti, come Disney+ che ha accolto il 2020 con risultati straordinari, ben oltre le aspettative iniziali; la casa del topo, infatti, aveva previsto di chiudere il primo trimestre di attività con circa 20 milioni di abbonati alla sua nuova piattaforma diretta al consumatore finale, ma la realtà ha superato le ambizioni con oltre 28,6 milioni di persone che hanno scelto di legarsi al nuovo servizio. Se a questi aggiungiamo anche ESPN+ e Hulu, gli altri due servizi diretti al consumatore posseduti dallo Studio di Burbank, sommiamo altri 6,6 milioni di consumatori per il brand sportivo e 30,4 per quello di intrattenimento.  L’universo Disney si attesta a oltre 65 milioni di utenti paganti, un risultato che la catapulta già oltre Amazon Prime e a ridosso di Netflix e che porta a rivedere al rialzo l’obiettivo degli 80 milioni di abbonati per il 2024 che Kevin Meyer (capo della divisione direct revenues di Disney) si era dato. Il tutto prima del lancio internazionale che avverrà nelle prime due settimane di Marzo.

Nel suo report finanziario di fine anno, Disney ha evidenziato un aumento di 1 miliardo di dollari di fatturato generato direttamente dagli utenti, per un totale di 4 miliardi su 28,6 totali, di gran lunga il settore in maggior crescita. Ora l’azienda si aspetta una ulteriore accelerazione dovuta all’apertura del mercato internazionale e al lancio di due nuove serie prodotte da Marvel e da Lucasfilm, oltre alla seconda serie di The Mandalorian. I numeri si dovrebbero consolidare verso la fine del 2020 e Disney spera saranno a livello di Netflix, soprattutto se Hulu riuscirà a lanciare anch’essa su territori al di fuori degli USA. Per ottenere questi risultati, infatti, Disney ha adottato una politica dei prezzi molto aggressiva negli USA, non tanto per il singolo prodotto Disney+ venduto ai livelli di Netflix, ma per il bundle dei tre servizi integrati che costa al consumatore finale esattamente 1 centesimo di dollaro al mese meno dell’abbonamento base di Netflix: 12,99.

L’exploit di Disney stride con la conferenza trimestrale di Cupertino, dove Tim Cook non ha voluto presentare i numeri di Apple Tv, pur dichiarandosi soddisfatto del lancio del servizio. Amazon ha confermato il saggio tendenziale a due cifre di crescita del numero di abbonati Prime, senza però rilasciare il numero preciso di utenti che effettivamente usano il servizio video compreso nel ricco pacchetto che, negli USA comprende la consegna gratuita dei pacchi, accesso al Washington Post e al servizio di streaming musicale.  Netflix ha confermato la sua leadership di settore, postando un leggero decremento degli abbonati USA e un’accelerazione sostanziale ma meno rapida del previsto sul mercato internazionale. Il rallentamento USA va letto soprattutto alla luce della pressione competitiva di Disney e, in misura minore, di Apple e HBO. La N rossa rimane il leader globale con 106 milioni di utenti paganti, ma si prepara a vedere Disney entrare nel mercato internazionale, che oggi costituisce il suo maggiore serbatoio di crescita.

La lotta tra questi nuovi organismi dell’intrattenimento per ora non ha una dimensione decisive nel prezzo; come detto, il livello sul mercato è convergente verso I 13 dollari al mese, con qualche offerta limitata in bundle per ridurre il tasso di mortalità. La competizione si concentra soprattutto sulla qualità dell’esperienza cliente e sulla disponibilità (a volte in esclusiva) di contenuti di livello, siano essi nuovi o di repertorio. Disney in questo ha un enorme vantaggio su tutti gli altri competitors e, in particolare, in combinazione con Hulu e ESPN+, riesce a coprire non solo il pubblico delle famiglie, ma anche quello più legato a canoni di consumo adulti. Netflix e Amazon hanno reagito quintuplicando il budget per le produzioni e HBO ha invece optato per una linea editoriale più spinta verso un pubblico senza bambini. Soprattutto per Disney, questa epica battaglia per il contatto diretto con il consumatore sta assumendo toni esistenziali ed è un esempio di come si reagisce al pericolo di essere disintermediati. Una lezione che molti editori di informazione farebbero bene a fare loro.

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